
Balcani, un paradiso per piromani
Il 7 gennaio può sembrare a molti un giorno come un altro, un lungo punto di cesura tra le vacanze di Natale e quelle di Pasqua, ma per alcuni (Serbi e Russi in particolare) è il giorno in cui si celebra proprio il Natale (secondo il calendario Giuliano). La celebrazione del natale ortodosso è solo una delle tante cose in comune che i 2 paesi condividono.
Ma cosa vogliono i russi e perché questo sodalizio con l’”Altra” madre slava è oggi più che mai pericoloso?
1) Cosa vogliono i russi: in un mondo dove la coerenza è diventata un valore fluido, c’è un uomo che dice quello che pensa e fa quello che dice. Quest’uomo è Vladimir Putin. Gli interlocutori, ormai disabituati al concetto di conseguenzialità tra parole e azioni, non fosse altro per non sconfessare sé stessi, non hanno prestato né prestano orecchio a quello che il buon Putler (mai nickname fu più azzeccato) dichiara serenamente da anni di persona o tramite il suo ideologo Aleksandr Dugin.
La volontà di ricreare un nuovo impero russo, con Mosca come nuova Roma, in una sfera di influenza che si estende dai confini con la Cina fino a Lisbona, in diretta concorrenza con gli Stati Uniti.
Partendo dal concetto di “Popolo”, Dugin teorizza una nuova articolazione delle dinamiche politiche europee, dove Mosca, capitale dell’impero tira i fili delle scelte geopolitiche dell’intero continente. L’annessione dei nuovi territori si ottiene fisicamente tramite le armi per ricomporre l’integrità territoriale russa per i paesi non Nato e con il foraggiare governi populisti (a guida Salvini, Orban o con forte presenza populista come la Le Pen in Francia ) che divengano alleati di Mosca per i territori per i quali l’uso dei missili è vivamente sconsigliato.
L’Ucraina, poverina, fa parte del blocco uno, insieme alla Moldavia o alla Georgia, è un pezzo di territorio da riprendere, come dice testualmente Dugin “Niente di personale”. Il progetto, alla luce degli eventi degli ultimi 2 anni direi, segue egregiamente la sua tabella di marcia a differenza del nostrano PNNR.
2) Chi sono i serbi, cosa vogliono i serbi.
Molto più a occidente, proprio nel cuore dell’Unione, vive un altro popolo che, all’interno della Penisola balcanica, coltiva lo stesso sogno del suo “Fratello maggiore”; come una perfetta Matrioska, la Serbia, dalla caduta del regime di Tito, sogna di riunificare tutti gli stati di lingua serba sotto la madrepatria. In quest’ottica, i croati non sono altro che serbi cattolici, i bosniaci, serbi che si sono convertiti all’islam, i montenegrini dei serbi che per qualche strano motivo non vogliono essere chiamati serbi. E poi ci sono le sacre terre del Kosovo, serbe perché serbe a dispetto dei due milioni di albanesi che ci vivono.
Negli anni della disgregazione della Jugoslavia, hanno intrapreso varie pulizie etniche che sono culminate con quella del Kosovo che ha poi portato ai bombardamenti del '99 su Belgrado. Vissuti in un clima di eterna propaganda, non è bastato lo status di paese candidato all’Unione Europea per affiliare ideologicamente la popolazione: oltre l’80% dei serbi sente una fortissima fratellanza con la Russia, sotto l’egida della quale la Serbia prospererà come un’enorme Montecarlo. In questo meta-mondo all’incontrario, l’ostacolo tra il sogno e la realtà è l’odiato West (lo chiamano proprio così), il cui principale scopo esistenziale è quello di eliminare la Serbia come nazione indipendente e frenarne la crescita che ne farà la tigre economica dei Balcani e non solo.
La creazione di una vera e propria zona franca nel Kosovo del nord, dove qualunque tentativo di implementazione della « rule of law » è rimasto praticamente vano negli ultimi venticinque anni, una terra di nessuno dove non c’è stato, ha creato anche i presupposti logistici perché la tanto agognata riunificazione del Kosovo avvenisse. In un Paese dove non c’è niente, dove i i rifiuti si bruciano e il riscaldamento è visto come “un capriccio occidentale”, due cose non mancano: bandiere serbe issate in ogni dove come gerani in Alsazia e una bella scorta d’armi a riposare in cantina insieme alla "rakia", per quando “l’esercito torna in Kosovo, fratello”.
Il governo filorusso di Belgrado, gioca serenamente su due tavoli: le relazioni politiche ed economiche con Mosca sono floride, Belgrado non si è allineato con la politica delle sanzioni alla Russia e, in questo clima di giustificato ostracismo generale, è diventata il « pied-à- terre » di tutti i Russi espulsi o non graditi nel resto del continente. Interi quartieri russi stanno nascendo a Belgrado che è diventata la longa manus e l'avamposto di Mosca in Europa.
All’altro capo del tavolo, infatti c’è Bruxelles, che con Belgrado ha firmato molto di più che una dichiarazione di intenti: la Serbia è infatti un candidato membro all’UE e questo status le garantisce finanziamenti e una interlocuzione privilegiata con l’Unione in termini di partenariato commerciale, attraverso politiche di riduzione di dazi.
La Russia finanzia attivamente i partiti nazionalisti sia di Belgrado che di Banja Luka, (capoluogo della Repubblica Serba di Bosnia Erzegovina, l’altra spina nel fianco di Bruxelles).

In questo focolaio trascurato Putler riesce comunque ad agire in maniera piu’ o meno tranqulilla direttamente dal cuore dell’Europa: se la destinazione finale è Mosca, i beni possono sempre fare un "pit stop" a Belgrado, aggirando le costose sanzioni imposte ai russi.
3) Pericolo: Nella tragedia della guerra in Ucraina, i serbi sono l’unico paese europeo a tifare Russia. L’analogia tra quello che i Russi stanno facendo dall'invasione del 2022 e il "progetto" serbo (scusate il « calembour» ), per il Kosovo è sorprendente. E inquietante. Come Mosca stia lottando per riprendersi quello che è suo (come dice Dugin, la Russia sull’Ucraina non puo’ fallire, perché ne va della propria sopravvivenza: non c’ò Russia senza Kiev, la prima capitale della "Rus' di Kiev"), cosi’ i Serbi hanno voluto “Riprendersi il Kosovo”: l’esercito armato è entrato nella provincia, (esattamente come se l'esercito austriaco entrasse in Trentino alto Adige, per capirci) e hanno cominciato a distruggere. E poi, a causa dei bombardamenti “They couldn’t finish the job”. Madre Russia, invece, il lavoro lo sta portando a termine: il Donbass è il loro Kosovo e, in una specie di incantesimo dell’orrore, le simpatie sono per il carnefice, per una questione di condivisione ideologica e perché Madre Russia può infliggere il colpo mortale al nemico giurato: la NATO e gli Stati Uniti,i mandanti dell’"operazione storm"(i bombardamenti sulla Serbia del ’99).
La voglia di riscatto del popolo serbo è forte e piu’ rabbiosa che mai. L’Occidente è il nemico, la propaganda nutre le menti sulle eterne questioni: l’Ovest vuole un mondo senza Serbia, i serbi sono vittime di un complotto internazionale ordito dagli Stati Uniti volto ad evitare un futuro della Serbia tra le braccia di Mosca e di Pechino.
Tutto il pacchetto della propaganda nazionalista come abbiamo imparato a conoscerlo, insomma.
A poco serve obiettare che se il frutto non cade lontano dall’albero, affratellarsi con i russi porterà poi a vivere come i russi e i loro fratelli filorussi (come i bielorussi): l’idea di passare dall’avere poco al non avere niente non sfiora la mente dei nostalgici: per loro sarà diverso. Se il gemellaggio con Mosca porta a una società oligarchica dove la torta è in mano a sette persone e gli altri enne milioni stanno a guardare dal vetro, ecco tutto ciò non turba il serbo medio: pur di sconfiggere l’Ovest passare dal mangiare patate ad una dieta fatta di "bucceha" ha pur sempre un suo perché. Se poi questo passa dal morire soldato, le nuove generazioni sono pronte a essere carne da cannone e morire per la madre patria: patriota e traditore sono tra i vocaboli più usati in Serbia, parole che per la maggior parte dei miei coscritti significano… boh?
La politica dei focolai va molto bene a Mosca e i balcani sono un paradiso per piromani: i serbi non aspettano altro che essere incendiati.
Se tutto questo è possibile, il merito non va che ad uno e uno solo: Bruxelles.
Il passaggio da gigante erbivoro a gigante erbivoro in letargo è stato lento ma inesorabile e, per non svegliarsi dal sonno, quale migliore modo che ignorare il problema? L’Unione Europea, i suoi burocrati, come si dice, non vogliono ascoltare il messaggio: significherebbe dover rendere conto di anni in cui la Russia, un paese di cui non si approvava niente, un’ oligarchia violenta e senza veli, è diventata unico partner in settori strategici, se Putin dice quello che pensa e fa quello che dice, "un unicum", ormai, nel suo genere, bisognerebbe mettere in discussione il ruolo dei paesi attivamente filorussi come l’Ungheria o la Serbia.
Dall’inizio del conflitto con L’Ucraina, non ho avuto dubbi sulla parte da cui stare: se le guerre implicano delle scelte, una decisione tra un buono e un cattivo, allora in mancanza di buoni devo scegliere quello meno cattivo. Lo zio Sam. Il buon vecchio zio Sam, che ci ubriaca si, ma di tablet e di hamburger. Che ha permesso a me, non certo figlia di un oligacarca, di fare la stessa vita agiata di sua figlia, la figlia dell’oligarca, che guarda caso vive a Lugano, o Londra, ma, mi chiedo come mai, non a Sochi. Se nel nuovo mondo multipolare la qualità della mia vita, quella dei miei figli peggiorano, allora questo mondo non lo voglio.
Stare dalla parte dell’Ucraina trascende l’empatia per un paese, di cui, francamente, non interessa nulla a nessuno. No,no, io sto con l’Ucraina perché provo empatia per me stessa, perché le scelte che sono state fatte nel mio paese mi hanno permesso di vivere in una generazione senza guerra, in una società in cui non ho mai sentito il bisogno di essere difesa, perché mi garantiva un’ampia libertà di scelta sul come giocarmi le mie carte e come poterle anche cambiare. L’assetto ideologico e sociale russo è contrario a tutto ciò. E’ contrario allo sviluppo della mia persona quale l’ho inteso per 51 anni, perché io smetto di essere persona e divento parte di un popolo. Un popolo che si riconosce in determinati usi e costumi ai quali devo adeguarmi.
Un mondo dove Dio (ortodosso), Patria e famiglia sono di default la mia realizzazione, a prescindere.
Perché dovrei volere un mondo cosi’? Perché gli americani sono cattivi?
Ragazzi, se cercate i buoni in questa storia, avete sbagliato favola.
-Ersy
Di Dughin :
https://x.com/agdchan?s=11&t=U45jZGNylL3BS615yLLPqA
https://www.geopolitika.ru/en/person/alexander-dugin
Dughinisti euroasiatisti italiani :
https://www.eurasia-rivista.com/tag/aleksandr-dugin/
http://aristocraziaeu.blogspot.com/2018/05/alcune-osservazioni-sulla-neccessita.html
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=54087
https://www.barbadillo.it/31037-libri-eurasia-di-dugin-e-de-benoist-democrazia-senza-sovranita/
Critici:
https://tec.fsi.stanford.edu/docs/aleksandr-dugins-foundations-geopolitics
https://www.startinsight.eu/dugin-quarta-teoria-politica-ideologia-illiberale/
https://www.aldeparty.eu/serbian_liberals_protest_irregular_election_result?utm_campaign=issue_n_1_10_january_2024&utm_medium=email&utm_source=aldeparty