La Difesa dell'Europa

La Difesa dell'Europa

Difesa Europea e incognita Trump

La difesa dell’Europa

La guerra alle porte Nella Germania scossa dai fantasmi militaristi del passato, Boris Pistorius, il ministro della difesa, sta da tempo preparando il Paese alla possibilità che vi sarà una guerra. Questo, analogamente al suo collega svedese dall’altra parte del Mar Baltico. Lo fa utilizzando un termine che da una connotazione marcatamente difensiva agli sforzi: “kriegstüchtig” che significa idoneità al conflitto (qualora attaccati). In tal senso, nel 2023 erano infatti diramante le nuove direttive della politica di difesa in ambito Bundeswehr, fondate sulla premessa che:” La Bundeswehr è il garante della capacità di deterrenza e difesa della Germania. La sua missione principale è la difesa nazionale, che protegge i cittadini, nonché la sovranità e l’integrità territoriale della Germania e dei suoi alleati attraverso un’integrazione affidabile e ferma nella difesa dell’alleanza”. Quanto sopra, in aderenza al “Concetto strategico” approvato in ambito NATO al Vertice di Madrid, qualche mese dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.

Il nuovo concetto strategico

In particolare, la Russia è passata dall’essere un partner all’essere una minaccia per la sicurezza europea: con l’annessione della Crimea nel 2014 e l’invasione militare dell’Ucraina del 2022, la Russia ha dimostrato la sua volontà di usare la forza per cambiare i confini in Europa. Così facendo, ha violato il diritto internazionale e ignorato numerosi accordi. La Russia ha anche rotto o sospeso unilateralmente i trattati sul disarmo e sul controllo degli armamenti, utilizzando oltretutto mezzi d’aggressione ibridi o da guerra trasversale (come sono gli attacchi informatici) per destabilizzare socialmente, economicamente ma anche militarmente i Paesi membri dell’Alleanza atlantica. Nel nuovo Concetto strategico si legge che: "… la Federazione Russa rappresenta la minaccia più grande e più immediata alla sicurezza degli alleati, alla pace e alla stabilità nell'area euro-atlantica". In tale documento viene descritta la “politica ostile” russa specificando come la Russia stia tentando di creare proprie sfere di influenza in paesi stranieri per ottenerne il controllo diretto attraverso la coercizione, la sovversione, l’aggressione e l’annessione. Data questa “politica ostile”, la Russia non può essere considerata un partner. Tuttavia, i Partecipanti al Vertice hanno ritenuto utile, al fine di prevenire una possibile escalation, il mantenimento di canali di comunicazione aperti. La situazione è da due anni pervasa dal senso di urgenza che ha impresso alle politiche di sicurezza il dramma ucraino, ben rappresentato dalle esternazioni dei Rappresentanti dei governi e delle forze armate dell’Estonia, Lettonia e Lituania, i paesi in prima linea nel caso di un’eventuale seconda fase al piano imperialista russo.

Dissidi tra alleati e il cambiamento di pelle dell’Unione

Anche la questione del pericolo proveniente dalla Cina è da qualche tempo divenuta oggetto di aperta discussione, essendo stata ufficialmente introdotta nelle agende politiche ed istituzionali europee da qualche tempo. Già nel 2019, la Commissione Militare della NATO discuteva di possibili cambiamenti alle strategie dell’Alleanza, quale risposta alla crescente minaccia cinese, ma i Membri europei frenavano sull’iniziativa, definendo quella cinese 2 un’insidia ma non un pericolo concreto. Sulla rivista Foreign Policy, in data 30.12.2022, appariva però un articolo a firma Robbie Gramer nel quale era spiegato come per anni, “… Stati Uniti e l’Unione Europea hanno lottato per anni per vedere allo stesso modo la Cina, ma la situazione sta lentamente, anche se in modo non uniforme, cambiando. Sempre più leader europei lanciano campanelli d’allarme sull’eccessiva dipendenza dell’Occidente dalle tecnologie e dagli investimenti cinesi e da una crescente rivalità geopolitica con Pechino. Per diversi anni, i leader dell’UE si sono irritati per l’atteggiamento aggressivo che si è diffuso in gran parte di Washington nei confronti di Pechino e hanno alzato gli occhi al cielo di fronte ad alcuni dei legislatori anti-cinesi più intransigenti negli Stati Uniti che hanno sostenuto un pieno regime economico. disaccoppiamento da Pechino. Ora … in Europa occidentale, i Paesi Bassi stanno valutando un piano per unirsi agli Stati Uniti implementando restrizioni all’esportazione di semiconduttori ai cinesi, la Germania ha bloccato una serie di investimenti tecnologici cinesi di alto profilo e il Belgio sta esaminando attentamente gli investimenti cinesi nelle sue infrastrutture portuali. A est, le potenze più piccole dell’UE stanno rafforzando i legami con Taiwan, nonostante la forte reazione di Pechino, e i paesi baltici hanno appoggiato gli sforzi della Cina per fare breccia nel commercio nella regione. Il rischio geopolitico e di sicurezza insito nei rapporti con la Potenza orientale sono ormai chiari su tutte e due le sponde dell’Atlantico. In merito ai crescenti rischi ed alla crescente pressione sui sistemi di sicurezza europei, a fronte delle posizioni assunte dai vari Paesi occidentali, Yannick Quéau, direttore di Grip, il think tank strategico belga, ha qualificato la visione difensiva e della sicurezza unitaria in ambito NATO come non appare evidente. In tal senso anche Christian Mölling, direttore del Consiglio Tedesco sulle Relazioni Internazionali di Berlino. A suo modo di vedere, l’eterogeneità delle posizioni non potrà che espandessi in futuro, specialmente con l’ammissione dell’Ucraina nella NATO. In tal caso, gli stessi obiettivi di difesa dell’Alleanza si allargherebbero. Questo imporrebbe alla UE un cambiamento di pelle e di ruolo, da regolatore degli aspetti più importanti della convivenza civile come l’economia e la salute, a gestore di un sistema complesso di difesa comune continentale. In passato, Luca Caracciolo, direttore di Limes, aveva ripetutamente mantenuto una posizione pessimista sull’Europa quale protagonista unitario sul palcoscenico mondiale. Lo stesso ha ripetutamente messo in risalto la distanza tra paesi tradizionalmente ostili alla Russia, come quelli baltici, con quelli che fino a poco tempo fa avevano i rapporti più stretti con quella superpotenza. Pare però che oggi, a seguito dell’accesso alla NATO almeno nell’Europa settentrionale, si stia raggiungendo anche in ambito UE una maggiore coesione ed unitarietà d’intenti, con la stessa Francia, tradizionalmente ed orgogliosamente autonoma sotto il profilo militare, divenuta portatrice di idee e progetti comuni di difesa a livello continentale. È stata infine sancita anche la politica delle porte aperte, con particolare riguardo a Bosnia Erzegovina, Georgia e Ucraina.

Preparazione alla guerra trasversale

Al vertice di Madrid si è discusso della programmazione finalizzata ad incrementare gli strumenti dell’Alleanza sotto il profilo della capacità di deterrenza e risposta aumentata fino a 300,000 uomini), non solo in ambito militare ma anche civile, attraverso una pianificazione civile-militare a coordinamento ampliato, sviluppando ulteriormente le capacità per sostenere la gestione civile delle crisi e il controllo dei disastri. Questo rappresenta un tema strettamente legato alle modalità di aggressione sempre più frequentemente utilizzate da 3 paesi quali la Russia e La Cina, tendenti a colpire la società e l’economia al fine di ottenere vantaggi strategici e militari. Interessante è a tal riguardo la specifica indicazione dell’esigenza di ampliare le capacità NATO per quanto attiene alle emergenze sanitarie ed alimentari.

L’asse franco-tedesco e le sirene atlantiste: l’incognita Trump

La Francia e la Germania sono stati i paesi che si sono attivati più celermente, ma resta che ci vorranno più di dieci anni affinché i buoni propositi saranno trasformati in un sistema di sicurezza al passo con le necessità e le sfide del nostro tempo. Oltretutto, i progetti industriali in corso di adeguamento dell’armamento europeo come il FCAS (Future Combat Air System) e il MCAS (Main Ground Combat System) hanno una storia di conflittualità tra gruppi industriali franco-tedesci, rispondenti alle ambizioni politiche di ciascuno. D’altro canto, Hélène Masson, ricercatrice senior presso la Fondazione per la ricerca strategica di Parigi ha osservato come attualmente "… la guerra in Ucraina ha portato a una maggiore cooperazione bilaterale e multilaterale tra paesi che condividono sfide alla sicurezza e sostengono l'Ucraina", con la Polonia molto attiva nella costruzione di una rete di partner nel settore della difesa e degli armamenti. L’attuale situazione ad Est e l’incapacità di Francia e Germania di offrire all’Ucraina un apporto militare determinante, ha legittimato il declino della politica di difesa poggiante sull’asse Parigi Berlino. Di conseguenza, la maggior parte dei Membri dell’UE cercano legami più stretti con la Gran Bretagna, che non fa più parte dell’Unione, e con gli Stati Uniti sono già abituati a costruire un mosaico di iniziative bilaterali e multilaterali al di fuori dei canali del blocco. La Masson concludeva affermando che ormai “... l'attrazione dell'atlantismo è prevalente … rendendo il [partenariato] franco-tedesco sempre più difficile da sostenere."

La situazione così ben delineata dalla Ricercatrice, potrebbe rapidamente mutare per via del pericolo che correrebbero i Membri europei della NATO in caso di elezione a presidente di Donald Trump. In tal senso potrebbe essere letta la dichiarazione congiunta rilasciata al termine della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco secondo la quale l’Europa sta attualmente sprecando fondi destinati alla difesa (per via della propria frammentazione politica, programmatica ed industriale) e che sarà una priorità assoluta abbattere le barriere agli M&A, strumenti ritenuti essenziali per creare colossi continentali della difesa.

Di diverso tenore altri pareri. Yohann Michel, analista di ricerca a Berlino presso il think tank dell’Istituto internazionale per gli studi strategici, ha affermato che i progetti di difesa di grandi dimensioni potrebbero vedere una spinta in caso di rielezione di Trump, dato che è proprio dietro sue pressioni che sarebbero nati i programmi FCAS e MCAS. Secondo l’Analista, se Trump tornasse al potere, “… costringerebbe l'UE a fare scelte difficili, ma la domanda è: avrà i mezzi per fare quelle scelte se non abbiamo ancora abbastanza munizioni per rifornire l'Ucraina o noi stessi?". Infatti, il problema delle munizioni resta centrale anche indipendentemente dalla guerra in Ucraina. "Le munizioni sono davvero un vincolo fondamentale per molti eserciti europei", ha affermato a riguardo Ed Arnold, ricercatore per la sicurezza europea presso il Royal United Services Institute di Londra. "Semplicemente non abbiamo abbastanza munizioni. … Prima devono esistere sugli scaffali. Inizialmente è piuttosto costoso riaprire le linee di produzione, ma non c’è scelta”. Gaspard Schnitzler, ricercatore senior presso l’Istituto francese per gli affari internazionali e strategici con sede a Parigi, è d’accordo con Michel e sostiene che “… da un punto di vista cinico”, una rielezione di  Trump sarebbe una buona cosa per la difesa europea, dato che i Paesi non potrebbero più contare sull’appoggio degli Stati Uniti. Dick Zandee, analista della difesa presso il Clingendael Institute, con sede all’Aia, ha affermato che non ci sarebbero molti aspetti positivi in un ritorno di Trump alla presidenza; "… non sono sicuro che, anche se la pressione sarà così alta, riusciremo a risolvere i nostri problemi. E c'è qualcuno che osserva a Mosca, e sfrutterà ogni situazione per metterci alla prova … ", ha detto, riferendosi al presidente russo Putin. Infatti, il tempo è tiranno e le stime in Europa sul numero di anni necessari alla Russia per ricostituire le sue forze dopo la fine o la vittoria della guerra in Ucraina variano dai quattro anni dell’intelligence estone ai dieci di alcuni centri studi europei. In realtà, secondo molti esperti, servirebbe un ventennio per costituire un sistema di sicurezza militare ed industriale valido e resiliente. Pertanto, non si può perdere tempo. Ecco perché Secondo Mölling, già precedentemente citato, i governi europei dovrebbero dare priorità alla produzione di attrezzature collaudate a scapito di alcuni programmi ad alto contenuto di sviluppo. L’accumulo di scorte di massa, sarebbe a suo modo di vedere il nuovo metro di paragone per la deterrenza.

Esistono però seri problemi. L'analista francese Schnitzler evidenzia come l'intero settore dell’industria bellica si trovi ad affrontare una carenza di materie prime e componenti, con il settore aeronautico europeo che deve trovare alternative alla Russia che attualmente è fornitore del 40% del titanio necessario. La strategia per l’industria della difesa dell’Unione, assolutamente fondamentale, è stata posticipata al primo trimestre del 2024, “ma ritardata per una buona ragione”, ha affermato Schnitzler. La Commissione è infatti impegnata a consultare gli Stati membri, l'industria e i think tank per raggiungere un accordo. Nonostante l’urgenza strategica, non mancano gli intoppi: "La Commissione cammina sulle uova perché alcuni Stati membri ritengono che esuli dalle sue competenze", come rileva sempre lo stesso Schnitzler.

Infine, cito è l’articolo pubblicato dal Financial Times dal prof. Abraham Newman, della mia alma mater, Georgetown University, in data 27 febbraio 2024 secondo il quale l’UE starebbe “… facendo di tutto per proteggersi … Dallo screening degli investimenti ai controlli sulle esportazioni, Bruxelles è al lavoro per creare un apparato di sicurezza economica … Trump ha individuato l’UE come “nemico”. La sua promessa elettorale è quella di imporre una tariffa generale del 10%. Anche se non perseguiterà direttamente l’Europa, senza dubbio aggraverà il conflitto con la Cina … E a differenza del team di Biden, che ha cercato di collaborare con gli alleati europei per ridurre al minimo i danni collaterali, Trump probabilmente utilizzerebbe sanzioni, coercizione finanziaria e controllo delle tecnologie chiave per costringere le imprese europee a piegarsi. L’UE deve accettare che la coercizione economica non proviene solo dall’est ma anche dall’ovest. E non può aspettare fino al gennaio 2025 per prepararsi …” In tale scenario, sarebbe assai arduo pensare ad un rapido riarmo europeo per far fronte all’imminente minaccia russa. Ancora una volta, le strategie di Trump parrebbero favorire i piani del Cremlino.

- Daniel Capretti, Tavolo Tematico Difesa del Generale Camporini

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